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Forse non tutti sanno che...

 
               
"I DUE TRAGICI GIORNI DEI CETNICI"

 

Articolo di Dario Stasi apparso su "Il Piccolo" l'8 maggio 2014 e consultabile al link di fondo. 

"Chi da Udine viene a Gorizia in automobile, arrivato a Mossa, subito dopo la nuova rotonda, a destra, sulla parete di una vecchia casa può ancora distinguere un graffito in inglese, in parte cancellato dal tempo: "LONG LIVE GREATER YUGOSLAVIA", che vuol dire "Lunga vita a (o Evviva) una più grande Jugoslavia".
È una scritta rara, forse unica, storicamente importante. Non è una dei tanti slogan che fino a non molto tempo fa si potevano ancora vedere sui muri di tutto l'Isontino, da Gorizia a Monfalcone, del tipo "Qui è Jugoslavia", "Vogliamo i poteri popolari", o "W Tito", scritti da chi subito dopo la guerra voleva l'annessione alla Jugoslavia comunista.
Questa scritta di Mossa è opera dei cetnici, i nazionalisti serbi al seguito dei nazisti, in fuga dai partigiani di Tito ormai vicini a occupare Gorizia. Soldati di mezzo mondo.
Sono gli ultimi giorni di aprile del 1945. La guerra sta per finire. Milano è stata liberata dai partigiani il giorno 25. Mussolini in fuga è scoperto e fucilato dai partigiani il giorno 28.
Ma al confine orientale d'Italia, nel Goriziano, la resa dei conti è ancora lontana. Fra gli alleati italiani dei nazisti a Gorizia si sono incontrati i "repubblichini" fascisti di Salò e i militi della X Mas, altri alleati dei nazisti (collaborazionisti) come i domobranci e i belagardisti sloveni, e i cetnici serbi; vi è in via don Bosco persino un distaccamento di cosacchi del Don (antisovietici arrivati al seguito dei nazisti in ritirata dall'URSS e a cui i tedeschi avevano promesso un loro nuovo stato in Friuli, probabilmente con Gorizia compresa) e gruppi di combattenti ustascia croati, spagnoli, rumeni e altri cosacchi (o mongoli) impiegati soprattutto nelle operazioni di rastrellamento contro i partigiani (i quali "guardavano" la città dall'altipiano di Tarnova). I cetnici (da ceta, formazione serba impiegata in passato contro i turchi) hanno un comando a San Pietro (Šempeter, nella villa Coronini) già dal 1944.
In seguito sono stati protagonisti di uno scontro a fuoco con i repubblichini fascisti nel quale muoiono 17 militi italiani. I cetnici in città. Ricorda l'ing. Ettore Camera, allora giovane studente a Gorizia, in una sua testimonianza (Isonzo Soca n. 66): "Un giorno di gennaio o febbraio del 1945 ero al cinema Eden (era una sala modesta, veniva chiamato "pidoceto" perché era piuttosto trasandata; si trovava dove fino a una decina di anni fa c'era il cinema Corso). Non ricordo quale fosse il film in proiezione, ma durante l'intervallo del primo tempo si accende la luce e vedo seduto accanto a me un tizio con la barba e i capelli lunghi. Poi mi giro e vedo intorno altri soldati simili, visi truci. Facevano paura".

Sono cetnici, serbi monarchici. Tengono i capelli e la barba lunghi fin quando non ritornerà a regnare il re Pietro di Jugoslavia. Saccheggi e violenze. La sera del 29 aprile i tedeschi fuggono da Gorizia. E la notte stessa "la popolazione diede l'assalto alle caserme, magazzini militari, sedi di comandi. Per tutta la notte durò il saccheggio. Sotto la pioggia, uomini, donne, ragazzi, chi a piedi, chi in bicicletta, con tricicli e carrettini trascinavano via ogni ben di Dio: mobili, tendaggi, radio, coperte, generi alimentari, ecc." (testimonianza di Jolanda Pisani in "Storia di Gorizia" di Lucio Fabi).

Al saccheggio si uniscono i cetnici, retroguardia dei nazisti. I cetnici arrivano a migliaia nei giorni 30 e 31 aprile e si soffermano in città e nei dintorni attendandosi nella pianura fra Mossa e Cormons. Sono oltre 20.000 soldati con al seguito migliaia di civili (anche vecchi, donne, bambini parenti dei soldati, più svariati sloveni e croati anticomunisti).
In una città prostrata i soldati serbi si abbandonano a violenze e uccisioni di civili, ingaggiano sanguinosi scontri a fuoco con gli operai armatisi in difesa delle fabbriche (Cotonificio, Safog, Selveg) e nella piana del Preval contro partigiani e carabinieri.
I cetnici vogliono attraversare la città per mettersi al riparo sulla riva destra dell'Isonzo e, nel procedere, operano secondo la brutalità loro derivante da quattro anni di guerra civile e dalle loro tradizioni guerrigliere. Sono su terreno ostile e reagiscono con estrema violenza ad ogni minaccia, sparano indiscriminatamente e senza la minima remora, si appropriano di tutto quanto può essere loro utile (Teodoro Francesconi, "Gorizia 1940-1947").
La resa. In due giorni in città e dintorni ha luogo una carneficina. Nel suo libro "Gorizia 1943-1944-1945" Luciano Spangher elenca nomi e cognomi di ottanta goriziani e isontini rimasti uccisi. Nei giorni seguenti a Mossa i cetnici si arrendono agli inglesi "mentre una banda cetnica suonava in piazza - sottolinea Spangher - e sui muri delle case si leggevano scritte in inglese, italiano e serbo del seguente tenore: "Contro la Germania e il comunismo", "Viva l'Inghilterra, l'America e re Pietro". La scritta "LONG LIFE GREATER YUGOSLAVIA" che si vede ancora su quel muro di Mossa risale a quei giorni".

https://ricerca.gelocal.it/ilpiccolo/archivio/ilpiccolo/2014/05/08/PR_31_02.html?ref=search

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